Per parlarti di verità e responsabilità faccio uso di una fiaba danese scritta da Hans Christian Andersen e pubblicata per la prima volta nel 1937 nel volume Eventyr, Fortalte for Børn (“Fiabe, raccontate per i bambini”). La fonte da cui Andersen ha tratto ispirazione è una storia spagnola riportata da Don Juan Manuel (1282 – 1348), nel XXXII racconto dell’opera El Conde Lucanor.
I vestiti nuovi dell’imperatore (o Gli abiti nuovi dell’imperatore)
Tre furfanti si presentarono a corte e promisero al ‘Re’ di tessergli vestiti speciali, che possono essere visti soltanto da figli legittimi e restare invisibili ai figli illegittimi.
Avendo un suo preciso e personale interesse, il ‘Re’ abboccò, ed i tre sarti imbroglioni si misero a lavoro. Ma il ‘Re’, ancora dubbioso, mandò due servi a vedere i primi vestiti nuovi, senza rivelare nulla delle supposte proprietà magiche di quei panni. I servi, recatisi dai tre sarti, non videro nulla nei filatoi, ma non ebbero il coraggio di contraddire i sarti, e riferirono al ‘Re’ di aver visto stoffe meravigliose. Quando infine anche il ‘Re’ si recò dai sarti per vedere la loro opera, non vedendo nulla fu prima sconvolto ma poi pensò: «Se dico di non vedere i vestiti, si saprà che non sono figlio del re, e perderò il mio regno». Quindi il ‘Re’ inizia anche lui a tessere le lodi dei suoi nuovi indumenti. Invia, poi, il suo governatore, che, sapute dal ‘Re’ le proprietà di quei panni, pur non vedendo nulla li lodò con parole ancora più entusiastiche, pur di non perdere il suo posto. Dopo il governatore anche gli altri funzionari di corte fecero lo stesso. E quando finalmente arrivò il giorno di festa e il ‘Re’, completamente nudo, uscì a cavallo per le strade della città, tutto il popolo lodava i bellissimi vestiti del ‘Re’.
L’incantesimo fu spezzato da uno stalliere del ‘Re’ che disse: «Signore, per me è la stessa cosa essere figlio di mio padre o di un altro, e per questo vi dico: o sono cieco o voi siete nudo».
In una buona organizzazione, la morfologia del potere non coincide con la morfologia della saggezza. La saggezza di qualsiasi persona dell’organizzazione è decisiva sempre, ma soprattutto quando si è circondati da falsi cantastorie in cerca di ‘Re’ da incantare.
I ‘Re’ sono sempre molto sensibili all’eredità del loro regno. Hanno un bisogno vitale di capire quali sono i figli legittimi del loro ‘potere’. E quando, in tempo di crisi, non riescono più a riconoscerli (semplicemente perché, forse, non ce ne sono) restano estremamente vulnerabili nei confronti di chi promette loro tecniche alternative.
È importante notare che nella novella l’imbroglio poteva essere scoperto subito se uno dei servitori (che il ‘Re’, quando era ancora dubbioso, aveva inviato per una prima verifica dei vestiti) avesse avuto la libertà e il coraggio di dire semplicemente quello che vedeva, senza temere i costi e le punizioni della sua libertà degli occhi.
Ma è proprio questo tipo di membri coraggiosi e liberi che scarseggiano nelle organizzazioni e di più attorno ai fondatori/imprenditori e dei massimi responsabili (manager). Quasi sempre, infatti, questi finiscono per attorniarsi di ‘servitori’ molto fedeli, ma senza la libertà e il coraggio per dire, semplicemente, le cose che vedono. Persone anche buone, ma mosse e manipolate dalla loro paura, anche quando è travestita da rispetto e persino da venerazione per i loro capi.
Nella novella, un altro ruolo decisivo lo svolgono poi i governatori e i ministri. Questi all’inizio non sono mossi tanto dalla paura (forse anche), ma dagli interessi. Anch’essi non dicono la verità sapendo di dire una bugia, ma perché, semplicemente, hanno l’incentivo a mentire. A questo punto il dispositivo ideologico che distrugge le organizzazioni è già operativo, e si diffonde a tutte le persone semplicemente replicando la stessa paura e gli stessi interessi.
La mancanza di coraggio di dire i ‘veri pensieri’ può diventare così potente da farci vedere un ‘Re’ nudo come se fosse vestito. E quando la quota dei vedenti in buona fede dei vestiti supera la quota di quelli che mentono (per paura e per interesse), la trappola diventa (quasi) perfetta. Si perde contatto con la realtà perché non si riesce più a distinguere cosa è veramente utile all’organizzazione da quello che il capo ritiene sia utile per l’organizzazione. Si vive, anche per molto tempo, in una realtà finta che alcuni ingenuamente e sinceramente vedono realmente e che altri, per interesse, dicono di vedere sapendo di non vederla.
Nel racconto di Juan Manuel l’incantesimo lo spezza un servo che, dice la fiaba, «non aveva nulla da perdere». Non avendo nulla da perdere, e forse perché voleva un po’ di bene al ‘Re’ ingannato, quello stalliere si trovò nelle condizioni di libertà di poter dire semplicemente la verità.
Ci possiamo porre una domanda: perché la storia umana delle nostre imprese, ci mostra pochissimi casi di organizzazioni che riescono a uscire dall’incantesimo del ‘Re’?
Per quale ragione, coloro che vedevano i vestiti meravigliosi (grazie agli occhi della paura) non desiderano tornare in una realtà vera, ma molto meno colorata di quella ‘deresponsabilizzata’ (tanto il capo è lui, l’azienda è la sua, sai che ti dico….) e della quale si è ormai assuefatto?
Comunque, il lieto fine della favola racchiude un messaggio di speranza non-vana.
E’ sempre possibile che (anche fuori dal mondo delle fiabe) una sola persona salvi tutti. In certi momenti cruciali la ‘massa critica’ è fatta solo di ‘una persona’. Una sola persona che «non ha nulla da perdere», perché, è riuscita a custodire e non tradire i suoi valori di verità e responsabilità.
Roberto Lorusso
Ceo & Founder Duc in album srl