Può sembrati qualcosa di difficile da capire e da realizzare.
Forse nel titolo ci sono troppe “parole difficili?”.
Sicuramente “soft skill” è un termine più usato e conosciuto ma ti starai chiedendo cosa sono i “beni relazionali”?
Niente di più semplice: sono quei “beni” che nascono dalle relazioni che noi abbiamo con gli altri.
In realtà le nostre relazioni se non sono buone potrebbero anche produrre dei “mali relazionali” e forse questi sono più riconoscibili perché non ci permettono di essere felici, sentiamo che il nostro cuore si intristisce o producono danni alla economia aziendale.
Eccoti un piccolo elenco di beni relazionali,:
- l’apprendimento,
- la condivisione,
- la fiducia,
- la partecipazione,
- la cooperazione,
- l’amicizia,
- lo scopo di vita,
- la salute,
- ….
Ma facciamo attenzione:
«I beni relazionali sono quei beni che possono essere prodotti e fruiti soltanto assieme da chi vi partecipa su un piano di adesione personale e che richiedono l’impegno costante in tale relazione[1]».
Da questo ho capito che la qualità della relazione fra le persone (di un gruppo di lavoro, di una comunità, ecc.), la loro piena adesione e l’impegno costante nella relazione sono fattori determinanti perché si generino beni relazionali.
Mi sono chiesto:
- Come si potrebbe stare insieme e produrre beni relazionali se non si hanno le competenze della relazione?
- Come possiamo fare ad imparare tutto ciò?
- Ci sono competenze che facilitano la buona relazione?
La risposta è si.
Si chiamano soft skill.
Queste competenze, dette anche competenze trasversali, io le chiamo competenze antropiche, cioè competenze disponibili nella natura della nostra umanità.
Per questo motivo quando progetto e realizzo momenti formativi mi preoccupo di far vivere ai partecipanti una alta relazionalità, un confronto attivo con e fra tutti i presenti, in modo tale che l’apprendimento si faccia consapevole e i partecipanti possano essere capaci di trasferire nella propria realtà professionale la loro esperienza, cultura e gli strumenti acquisiti.
All’origine delle mie attività formative, realizzate in questo modo esperienziale con alto tasso di relazionalità c’erano nella mia mente, ma soprattutto nel mio cuore, tutti gli imprenditori che continuavano a chiedermi di insegnare ai loro collaboratori le tecniche per monitorare ed accrescere la marginalità (profitto) dei prodotti e, in generale, delle vendite.
Più volte ho riferito loro che in realtà non ci sono tecniche che i nostri collaboratori non conoscano ma ci sono tante competenze che sono utili a fare buoni profitti che necessitano di essere acquisite e praticate e che non si insegnano con i manuali.
E guarda caso queste competenze, sono quelle relazionali.
Molte di esse le possiamo anche chiamare con il loro vero nome Aristotelico, e cioè: virtù.
Queste competenze sono molto utili in primo luogo agli imprenditori e manager (o più semplicemente “capi” di qualcuno, di un gruppo, di un settore dell’organizzazione, ecc.), i quali non si accorgono che, alcune volte, con il loro modo di agire, purtroppo, non fanno altro che “maltrattare” l’unica vera risorsa di cui dispongono: – il capitale esclusivo dell’azienda, – che sono le donne e gli uomini che chiamiamo “dipendenti”, ma che sarebbe meglio e più opportuno chiamare collaboratori o partner.
Purtroppo non ci rendiamo conto di quello che accade ad una persona (il dolore che prova interiormente) che si vede ignorato e umiliato (anche di fronte ai colleghi), quando un “capo” mette da parte (senza darne un giustificato motivo o una accurata condivisione) una sua idea o una sua proposta.
Con questi comportamenti generiamo solo “mali relazionali”.
Forse, non siamo neanche consapevoli del danno che facciamo alla nostra impresa ignorando una idea che potrebbe essere utile al miglioramento di un processo o alla relazione con un cliente.
Ma se i nostri collaboratori e loro idee sono per noi “indifferenti” pensiamo che essi ci possano donare “attenzione” alla marginalità dei prodotti?
Il protagonismo di una manager, carente di soft skill e che non sa dirigere le persone che gli sono affidate, finisce quasi sempre con l’offendere la loro intelligenza e con il disprezzare la loro voglia di fare meglio e di più, e di credere nell’azienda nella quale lavorano.
Con questi comportamenti generiamo solo “mali relazionali”.
Generare beni relazionali invece significa ottenere alcuni benefici, quali ad esempio:
- I profitti aumentano;
- la reputazione aziendale cresce;
- I clienti restano fedeli;
- I tempi e le scadenze sono sempre rispettati;
- I nuovi assunti si integrano facilmente;
- Si impara più facilmente;
- Si innova rapidamente;
- …..
Ciao Roberto
Roberto Lorusso
Ceo Duc in altum srl
[1] Pierpaolo Donati, Scoprire i bene relazionali – Rubettino editori