Guardare lontano è un lusso o una necessità? E’ utopistico o strategico?
Quante e quali sono le dimensione dell’economia? Una, due, tre?
Rispondere “una” mi sembra da ignorante; con “due” faccio sicuramente una buona figura.
Io conosco queste due dimensioni:
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- dare e avere,
- costi e ricavi,
- profitti e perdite,
- entrate e uscite.
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Ma esiste una terza dimensione? Sicuramente si: la profondità.
Solo che l’economia moderna l’ha dimenticata, anzi è meglio dire che gli imprenditori moderni non la conoscono.
Solo con la Pianificazione Strategica pensiamo ad una “visione” da realizzare, una grande meta da conseguire, e non oggi ma fra diversi anni mediante una “missione” e la soddisfazione degli “stakeholder”.
Provo a spiegarmi meglio.
Viviamo in un tempo in cui un’errata concezione del capitalismo sta dominando incontrastata su molta parte della vita economica, sociale e politica e continua ad imporre le sue becere analisi “costi-benefici” che si riferiscono a settimane, mesi, nella migliore delle ipotesi qualche anno.
Annullando del tutto il concetto di Pianificazione Strategica.
L’attuale capitalismo ha infatti, come caratteristica, il progressivo accorciamento dell’arco temporale delle scelte economiche, e quindi di quelle politiche sempre più guidate dal “tutto e subito” senza nessuna visione di futuro e sostenibilità.
Le tre rivoluzioni: industriale, informatica e finanziaria (che abbiamo vissuto in rapida sequenza) ci hanno insegnato a:
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- considerare la Pianificazione Strategica unicamente come strumento accessorio e relativo per le decisioni direzionali,
- risparmiare tempo nei processi decisionali,
- saper sfruttare le frazioni di secondo per effettuare operazioni altamente speculative.
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Giusto il contrario di chi ancora pensa ad imprese che devono durare nel tempo, a legami “per sempre” con i propri clienti e con i figli dei propri clienti.
La terza dimensione dell’economia, la profondità del tempo – passato (da dove veniamo, il punto di partenza) e futuro (dove vogliamo andare) – è purtroppo assente anche nella formazione economica che è stata impartita ai giovani in questi ultimi decenni con la grave conseguenza che il preminente aspetto “consumistico” (quello senza il “tempo”) sta distruggendo anche il sistema sociale oltre che quello economico.
Le scuole superiori, le università e le business school insegnano a pianificare usando solo due dimensioni e dimenticando così la profondità.
I giovani manager pianificano su linee e non circonferenze (ignorando l’approccio sistemico e i circuiti causali ) perché non hanno consapevolezza della terza dimensione.
Se si continua così, con la sola “cultura piatta” e senza la dimensione del tempo continueremo ad avere una produzione di massa fondata sull’effimero e sulla “non durata” delle cose e dei rapporti (tutto usa e getta).
Eccoti una sintesi di cosa impone la “cultura piatta” a due dimensioni:
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- le merci devono diventare nel minor tempo possibile scarti affinché sia possibile introdurre nuovi prodotti,
- si accorcia sempre più il tempo che passa tra l’uscita dallo stabilimento di produzione e l’entrata in una discarica,
- l’intero meccanismo ruota intorno ad un unico obiettivo: la crescita del PIL.
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Un mondo economico che perde la dimensione del tempo, non capisce cosa sono i “patti” fra imprese, le alleanze professionali, il benessere organizzativo, il “per sempre” con i collaboratori e gli stakeholder, non è capace di dare valore alla memoria e al futuro. E di conseguenza combatte tutto ciò che è duraturo o che garantisce continuità, come la Pianificazione Strategica.
Un esempio? Guardiamo all’evoluzione che hanno avuto le banche.
Le banche sono state la cinghia di trasmissione della ricchezza e del lavoro tra le generazioni. Hanno saputo conservare e accrescere il valore del tempo, rappresentato dai risparmi.
Ultimamente si sono molto smarrite, hanno dimenticano il valore del tempo speculando su di esso e comportandosi “contro natura”: fanno il contrario di quello per cui sono state istituite.
E lo stesso possiamo dire delle imprese.
Queste nascono per soddisfare bisogni e ricavare da questo il giusto guadagno. Ma adesso vanno contro natura: vogliono avere grandi guadagni senza soddisfare bisogni.
Ma in un mondo aggredito da imprese multinazionali con alte prospettive di guadagno che non vanno oltre il tempo di un trimestre, come possiamo immaginare che qualcuno si preoccupi del futuro, del benessere delle comunità e faccia Pianificazione Strategica?
Le piccole imprese si stanno sempre più conformando alle grandi sotto la minaccia di morte certa. E così facendo imparano ad ignorare l’asse del tempo e quindi a praticare l’avarizia. Imparano a speculare sul breve, a esercitare l’avidità.
La più grande avarizia consiste nell’eliminare il domani dall’orizzonte.
Le imprese hanno smesso di pianificare generando di contro una sterminata carestia di futuro.
Con la Pianificazione Strategica, le imprese possono tornare a investire in opere più grandi del loro tempo, seminare e costruire oggi affinché altri possano raccogliere domani.
Le passate generazioni di europei, soprattutto quelle a cavallo tra Medioevo e Modernità hanno saputo fare questo e così hanno costruito imprese ed edificato opere magnifiche che ancora ci danno identità, bellezza, e ci fanno lavorare.
Indubbiamente non chiamavano questa loro competenza Pianificazione Strategica ma erano esperti di tempo e di infinito, perché sapevano preoccuparsi ed occuparsi del futuro di tutti.
Questi esperti, grandi capitalisti ed imprenditori di un tempo (leggi il mio articolo su Adriano Olivetti ), non avevano come obiettivo il consumo e il deterioramento veloce delle loro opere, non volevano che “scadessero” per essere presto sostituite o ricostruite.
Realizzavano costruzioni artistiche, prodotti con caratteristiche artigianali simbolo del made in Italy, di costruzione di alta qualità, di durevolezza. Erano prodotti a “regola d’arte” il cui valore veniva ancor più accresciuto dalla reputazione dell’autore, creando così un legame inscindibile nel tempo e nello spazio.
Tanto che quelle antiche opere durevoli sono ancora capaci di amarci, di renderci felici, di farci vivere.
Roberto Lorusso
Founder and Ceo Duc In Altum srl